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Tempesta Perfetta

l’Italia tra elezioni, sanzioni e immigrazione senza regole

In un interessante saggio sull’esito delle elezioni italiane del 25 settembre 2022 George Friedman, analista geopolitico statunitense mainstream quant’altri mai, coglieva alcune stridenti contraddizioni nelle strategie economiche e politiche dell’Unione europea e nell’approccio dei paesi più sviluppati nei confronti del problema immigrazione. Due emergenze critiche destinate a saldarsi drammaticamente proprio nello specifico italiano.
Il voto legislativo in Italia, spiegava Friedman, ha largamente premiato un partito di estrema destra (a hard-right party) in quanto l’elettorato ha palesato un radicale scontento nei confronti delle realtà del paese, la terza economia dell’area euro. In buona sostanza, gli italiani «ritengono, non senza ragione, che la Banca centrale europea persegua politiche monetarie che favoriscono la Germania che intende mantenere il valore dell’euro in quanto creditore netto mentre l’Italia auspica un’agenda molto diversa con tassi più favorevoli, preferenza assai ragionevole nella sua posizione di debitore netto».i
In realtà, l’Italia è diventata dal 2021 un creditore netto. Situazione che si verifica quando le attività finanziarie sull’estero prevalgono sulle passività.
Come sappiamo, nel bilancio dello Stato l’indebitamento netto è l’insieme delle spese non coperte dalle entrate fiscali dello Stato e che devono essere quindi finanziate con operazioni di indebitamento che prevedono l’emissione di titoli del debito pubblico a scadenza media (Buoni ordinari del Tesoro, Bot) o lunga (Certificati di credito del Tesoro, Cct, Buoni pluriennali del Tesoro, Btp). Ora, la Banca d’Italia certifica che a fine 2021 la posizione patrimoniale netta (Pne) internazionale dell’Italia aveva toccato il record di 132 miliardi di euro, collocando il paese al quarto posto nell’area euro per crediti netti (attività meno passività finanziarie) verso il resto del mondo.ii
Ciò è avvenuto – insieme agli interventi della Bce e al surplus di liquidità a livello internazionale – perché la sciagurata gestione della pandemia ha massacrato la domanda interna con conseguente riduzione dell’import e non, come sarebbe stato auspicabile, con l’aumento virtuoso dell’export che infatti si è ridotto.
La vecchia “strategia” di Mario Monti, ricordate…?
L’ex premier se n’era vantato pubblicamente sulla Cnn quando con le politiche di austerità, poi clamorosamente sconfessate dal Fondo monetario internazionale, aveva intenzionalmente distrutto la domanda interna. Vale la pena riportare la citazione esatta: «Well, we are gaining a better position in terms of competitiveness because of the structural reforms. We’re actually destroying domestic demand through fiscal consolidation, “Stiamo guadagnando posizioni migliori in termini di competitività grazie alle riforme strutturali. Stiamo concretamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale”».
Da notare, in presa diretta, il ghigno di malcelata soddisfazione, di mellifluo e mefistofelico compiacimento, purtroppo non soccorrono altri termini…, del senatore a vita “napolitano” mentre pronuncia queste parole che suonavano come una sentenza di morte per l’economia nazionale. Per dirla con le parole di Clive Cussler, la soddisfazione di un imprenditore di pompe funebri dopo un’epidemia di febbre tifoide.
Era il maggio 2012. Monti era in carica da circa sei mesi e sarebbe rimasto presidente del Consiglio per altri dieci.

Comunque sia, Friedman sottolinea l’evidenza e cioè che una singola banca centrale europea non può servire due padroni. Per cui, dato il peso economico e finanziario della Germania, la Bce non può fare altro che sostenere le posizioni tedesche.
A questo punto, incalza, è la la logica stessa a dettare che l’Italia elegga un governo di dura opposizione a queste politiche. Da cui le tensioni tra Roma e Berlino sulla direzione delle politiche monetarie che in prospettiva possono rappresentare la minaccia peggiore, se non addirittura letale (the largest threat, perhaps a lethal one), per l’Unione europea.
Il quadro del conflitto in Ucraina, con le sue inevitabili e pianificate ricadute economiche sul continente europeo, imporrà ai vari governi politiche divergenti al fine di proteggere gli interessi dei propri connazionali.
Un quadro che si presenta assai problematico nella lettura di Friedman. «La Bce non sarà in grado di armonizzare le economie europee e se le sanzioni alla Russia continueranno, il confronto tra le diverse nazioni diventerà assai aspro. La Ue era stata creata per garantire pace e prosperità, come proclamato nel suo motto. La pace è fragile e la prosperità sta sfuggendo tra le mani. Il voto italiano è il segnale di una crisi evidente».iii

Anche perché esiste un’altra problematica questione che plana sul destino dell’Europa e non solo: l’immigrazione clandestina, o illegale, a seconda dei gusti. Soprattutto a partire dal 2015 è diventata un problema cruciale che ha prodotto una radicalizzazione irriducibile.
Friedman l’analizza dal suo punto di vista di ex giovane immigrato che non può per ciò stesso opporsi all’immigrazione sulla base di un a priori pregiudiziale. Tuttavia afferma di non poter ignorare il sovraccarico di tensioni che il fenomeno produce come le paure che genera.
Effetti che non possono essere liquidati come semplice “razzismo”. Più semplicemente, spiega, i costi dell’immigrazione vengono imposti a gruppi sociali che ritengono il fardello troppo duro da sopportare. Non è solo un problema economico.
Quando gli immigranti arrivano in un paese vengono dirottati nei quartieri più poveri, non vanno a stabilirsi nei quartieri ricchi. Quelli dove abitano quanti a parole, non a Capalbio almeno…, ostentano la loro superiorità morale, quella che impone accoglienza a ogni costo. Visto che non devono preoccuparsi di doverne poi pagare le fatture. «Gli immigrati sono anche dei forestieri che spesso non comprendono il paese ospite. I genitori sono costretti a svolgere lavori umili, lasciando i figli a casa a sbrigarsela da soli. Senza il controllo dei genitori, immigrati provenienti dagli stessi paesi fanno gruppo a sé con il risultato dell’innesco di guerre settarie».
A fronte dell’illegalità crescente, la vita per i residenti, specialmente quelli più anziani, diventa insostenibile. Chi può scappa, chi non può si barrica in casa. Lavoratori e pensionati, la fascia più debole economicamente, diventano il fronte più esposto in questa emergenza. La colpa ricade sulle spalle di chi si è fatto campione di una politica di accoglienza senza regole incapace di comprendere ciò che significa, innesca e provoca un’immigrazione su ampia scala e non ha fatto nulla per cercare di mitigare gli effetti collaterali che origina.

A questo proposito, Friedman segnala un pattern, una coazione a ripetere, che ha visto all’opera sia New York sia in Europa. «I più appassionati difensori di un’immigrazione senza controlli non vivono nei quartieri dove si stabiliscono i nuovi arrivati, non hanno alcuna percezione di ciò che la collisione frontale di culture genera in teenager abbandonati a se stessi dalle famiglie. Dal momento che niente di tutto questo si produce nei loro ambiti di residenza, non è che siano indifferenti al caos. Semplicemente non sono in grado di valutarne effetti e ripercussioni».
Di questo scontro orizzontale tra poveri più o meno diseredati, non esiste alcun monumento che riporti i nomi di quanti hanno dovuto pagarne le spese, sottolinea l’ex immigrato ungherese.
La questione immigrazione è viva in quasi tutti i paesi sviluppati. Ma in Europa appare più divisiva rispetto agli Stati Uniti, nazione di immigrati che hanno fatto pagare senza pietà i conti di cui sopra al popolo dell’uomo rosso che si dovette confrontare con la prima ondata d’invasione sostitutiva al prezzo di genocidi ed etnocidi.

Ricordiamo di passata che il concetto di replacement migration, le migrazioni sostitutive, appartiene al lessico delle Nazioni Unite, non a quello del cosiddetto “complottismo”. Basta andare a vedere i rapporti sull’argomento, considerato come unica soluzione proposta per risolvere il declino inevitabile di otto delle nazioni più sviluppate ma a bassa fecondità del pianeta (Germania, Stati Uniti, Federazione Russa, Francia, Italia, Giappone, Repubblica di Corea e Gran Bretagna).
Alla luce delle analisi onuniste nei prossimi 50 anni nella maggior parte dei paesi sviluppati in assenza di migrazioni sostitutive il declino demografico si rivela inevitabile (Population decline is inevitable in the absence of replacement migration).
Meccanismo fondamentale per far valere quelle che Diego Fusaro definiva le due leve della mondializzazione e del competitivismo deregolamentato. L’Onu definisce infatti il concetto di “Replacement migration” come «il flusso migratorio internazionale necessario a una nazione per evitare il declino demografico e l’invecchiamento della popolazione causati dalla bassa fertilità e dai tassi di mortalità».
Ed è qui, all’incrocio tra problemi economici e sociali, che secondo Friedman si legano i fili ingroppati dello specifico italiano: «comprendo la posizione italiana che può essere riassunta come “lasciamo andare tutti in Germania”. Qui è dove si ricongiungono le questioni dell’economia e dell’immigrazione, dando vita a un formidabile e nuovo problema alimentato dal disprezzo scagliato dal moralismo delle classi agiate nei confronti di quanti si oppongono a un’immigrazione senza regole».
Quella sinistra sul (ca)viale del tramonto…

i G. Friedman, Immigration, the Economy and the Italian Election, Geopolitical Futures, 27 settembre 2022, https://geopoliticalfutures.com/immigration-the-economy-and-the-italian-election/?utm_source=GPF+Free+Newsletter&utm_campaign=df2ac8e240-20220927_FL_Weekly&utm_medium=email&utm_term=0_f716b3bf65-df2ac8e240-265115069&mc_cid=df2ac8e240&mc_eid=3a9dbfa247.

ii Cfr. M. Minenna, Crediti netti verso l’estero: per l’Italia mai così alti, Il Sole 24 Ore, 13 giugno 2022, https://www.ilsole24ore.com/art/crediti-netti-l-estero-l-italia-mai-cosi-alti-AE4WAQfB.

iii “Unita nella diversità”, il motto dell’Unione europea, come si legge nel sito ufficiale, «sta a indicare come, attraverso l’Ue, gli europei siano riusciti a operare insieme a favore della pace e della prosperità, mantenendo al tempo stesso la ricchezza delle diverse culture, tradizioni e lingue del continente». Cfr., Unione Europea, Il motto dell’UE, https://european-union.europa.eu/principles-countries-history/symbols/eu-motto_it. Curiosamente, o forse no…, quella divisa è assai simile a E pluribus unum  (“da molti, uno solo”), il motto ufficiale degli Stai Uniti.

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5 Commenti

  1. Gianluca Favro

    L’interrogativo che mi appare più pressante oggi e’ se la guerra russo-ucraina sarà l’elemento detonante dell’Unione Europea. Invisa a molti, sempre più inadatta a fronteggiare le crisi sanitarie e sociali, questa Europa mi pare giunta al capolinea. Altresì mi sembra che nessuno si faccia carico di un pensiero strategico di superamento dello statu quo, con il rischio di essere travolti dalla storia…abilmente pilotata dal Paese degli immigrati oltreoceano…

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    • Anonimo

      Più’ esaustivo di così !

      Rispondi
    • paolo

      ok c’è la guerra in ukraina ma, al momento è ancora regionale.
      se pensiamo di risolvere la situazione diciamo “rivitalizzando” quel paese, vuol dire che la nostra cd classe dirigente si è letteralmente mangiata il cervello.
      quel paese, pessimamente governato da anni, era già un paese in default (ma guarda il caso da tanti è stato aiutato finanziariamente, quel tanto che basta però per farlo sopravvivere…perchè gli serviva!!)
      non si può quindi non riconoscere che negli altimi 10 anni almento sia stato gestito che peggio non si poteva; la cosa che fa sorridere è che leggendo le notizie ukraine da inizio operazione (definizione legale militare…la guerra è un’altra cosa nel cinico mondo militare) cioè febbraio 2022 cioè otto mesi orsono, questo paese sembra disneyland, il presidente zelensky sembra il dalai lama e l’amministrazione e l’esercito sembrano austriaca e svizzero. robe da pazzi, grazie alla libera informazione e alla libera stampa..ahahah…ci hanno lobotomizzato il cervello. ci hanno detto come prima cosa immediatamente che il conflitto era ingiustificato e non provocato…ricordate??
      QUINDI o si riavvolge il nastro e si risolvono i problemi che hanno provocato quanto è accaduto oppure sono ca vo li parecchio amari.
      TRADOTTO o ascoltiamo finalmente i desiderata della federazione russa (inascoltati per anni e anni e a questo siamo arrivati) e magari anche quelli cinesi (invece di dichiararli i problemi e “nemici” numero uno e due) e questo ascolto diplomatico / politico ci darebbe veramente un futuro di prosperità e pace,
      oppure vuol dire che l’occidente vuole continare a giocare a risiko. ascoltando il pifferaio magico sappiamo tutti grazie a grimm com’è finita.
      semplice no?
      saluti a friedman

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      • Decimo Alcatraz

        In questi pochi mesi e’ stata prodotta una letteratura alternativa alla narrazione dei giornali e delle tv mainstream. Biloslavo, Pietrobon e il nostro Peroncini ad esempio e pur partendo da punti di visti molto differenti hanno raccontato chi i risvolti di cronaca, chi quelli sociali, chi ancora i presupposti lontani 40 anni di questo conflitto, che rischia una escalation assurda de nessuno ritrova il primato della diplomazia

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  2. Anonimo

    Dici bene Paolo, quando ricordi che l’Ucraina era già in “fallimento dai primi anni del 2010 e che è sempre stata salvata, in maniera opportunistica dalle democrazie occidentali, principalmente dalla Germania con il fine di fomentare un comportamento sciovinista nei confronti dei filorussi del Donbass e limitrofi, con il fine di creare i presupposti per una pulizia etnica. E ci meravigliamo che la Russia non abbia accettato questo gioco sporco ?? La diplomazia ha fatto poco prima del conflitto ed ora ancor di meno perchè gli stati più invischiati hanno tutto l’interesse economico a non farla smettere.

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