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Quel treno per Foggia…

Parte 1.

Anticipazione dal libro di Gianfranco Peroncini, “Sinistra sul caviale del tramonto” in uscita a ottobre 2023 per Passaggio al Bosco Edizioni.

 Nota dell’autore

Mentre andavamo in stampa la cronaca, sempre purtroppo bulimicamente generosa, ci ha offerto uno spunto interessante a sostegno della nostra tesi di fondo che non possiamo esimerci dall’affrontare, sia pur brevemente, a causa dello strepito mediatico e digitale che ha prodotto.

Molto rumore per nulla avrebbe riassunto qualcuno. Non senza ragione.

Il tutto appare infatti inserito nella luce crepuscolare e tagliente di una satira grottesca e mal riuscita, imitazione scadente e pecoreccia di uno sketch del Bagaglino, una parodia con ali di piombo, faticosamente in cerca di facili titillamenti contro l’abusata categoria dei radical chic. Invece è un articolo di Alain Elkann, soprattutto noto al grande pubblico per essere padre dei ben più noti John e Lapo nonché genero non proprio stimatissimo dal tutt’altro che compianto avvocato Giovanni Agnelli a quanto si pettegola dove si puote ciò che si vuole (beh, più o meno…).

Il pezzullo – di per sé non destinato a scolpirsi nella storia imperitura del giornalismo nazionale – è stato pubblicato nella sezione Cultura (…) di Repubblica, foglio controllato dal primogenito di Margherita Agnelli e dello stesso Alain Elkann, il già ricordato e grisagliato John, amministratore delegato di Exor, società di investimento controllata dalla nota famiglia torinese, e dunque editore del gruppo Gedi di cui oggi fa parte anche il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. L’alzata d’ingegno dattiloscritta del padre di cotanto figlio, per motivi chiaramente indipendenti dal suo effettivo rango ontologico e dagli stessi obiettivi dell’autore, ha suscitato notevole scalpore.

Indagarne le ragioni può essere istruttivo nel focus della nostra analisi.

I fatti

Verso la fine di luglio 2023, Alain Elkann prende un treno da Roma con destinazione Foggia per recarsi a un festival in quel di Vieste, splendida località all’interno del Parco nazionale del Gargano che, anche per questo, può vantare l’ambito e invidiato riconoscimento internazionale di poter orgogliosamente battere Bandiera blu.

Forse già spaesato per la perdita delle più rassicuranti coordinate capalbiolesi, il nostro (il loro…) si trova scaraventato in un’odissea viatoria che sembrerà poi paragonare ai viaggi della speranza di decine di migliaia di sventurati in cerca di un destino migliore, in balia delle onde del Mediterraneo e delle fauci assatanate dei mercanti di carne umana.

Elkann – informa puntuale – sale su una carrozza di prima classe di un treno Italo dove vicino a lui siede un ragazzo tra i 16 e 17 anni. È l’inizio dell’ordalia… «Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica».[1]

Dopo questi sapienti tocchi “di classe”, aggiunge un paio di puntualizzazioni che a lui, e per motivi insondabili, devono essere sembrati importanti almeno quanto il suo stazzonato e shabby chic completo di lino. Stava infatti «finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica».

A questo punto i magnanimi lombi dell’editore di Repubblica sono stati duramente vessati da un gruppo di adolescenti, invadenti e chiassosi, che discutevano animatamente di calcio, di musica e di ragazze da rimorchiare «usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni» infastidendo così e non poco le letture, la cartella di cuoio marrone e le stilografiche di quel viaggiatore apparecchiato in un molto stazzonato completo di lino blu.

Gli autori del misfatto erano antropologicamente ed etnologicamente (fisicamente e culturalmente) dei cloni dello specimen che indebitamente sedeva vicino ad Elkann: «T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde. E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. Intorno a noi, nelle file dietro e in quelle davanti, sedevano altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo: tutti con un iPhone in mano. Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio».

L’ultima notazione è antropologicamente ed etnologicamente importante. Ci torneremo.

Elkann rivela di non avere mai rivolto la parola al vicino «che o taceva ascoltando musica o si intrometteva con il medesimo linguaggio nella conversazione degli altri ragazzi». Compreso, tra gli altri, uno assai molesto, «più piccolo di statura e con il viso leggermente coperto di acne giovanile», che celebrava i fasti del rimorchio sulle spiagge stroncando seccamentente la teoria di un altro sodale che esortava altrimenti: «andiamo a cercare ragazze nei night»…

Che dei giovanissimi affetti da spiacevole foruncolosi ormonale parlino di night (termine ripetuto ben due volte…) e non di discoteche rientra evidentemente nello stato alterato di coscienza di un Elkann fortemente perturbato e destabilizzato dai polloni incontrati sul treno dei Landsknechte di Albrecht von Wallenstein (lanzichenecchi è corruzione italiota e foneticamente traslitterata del sempre ostico tedesco). Il trauma avrebbe così aperto polverose reminiscenze di un certo più felice anche se acneico temps  perdu. Perduto irrimediabilmente…

Comunque sia, manifestando un’empatia sociale pari alla sua curiosità giornalistica, l’autore di quel memorabile tranche de vie ferroviario, afferma rendendo edotto il suo pubblico repubblicano di essersi domandato se era il caso di iniziare a parlare con il suo vicino. Ma di non averlo fatto. «Lui era la maggioranza, uno nessuno centomila, io ero inesistente: qualcuno che usava carta e penna, che leggeva giornali in inglese e poi un libro in francese con la giacca e i pantaloni lunghi. […] Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo».

Un atteggiamento evidentemente intollerabile dato che, come noto, l’empatia à la Elkann è un concetto non bivalente bensì censuario e a geometria variabile.

Il finale è col botto. «Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome». Prendete buona nota di quanto scritto dallo sconcertato e destabilizzato pellegrino di Vieste.

Nel frattempo quel cesellato articolo, a metà strada tra il Jaccuse di Zola e l’Anabasi di Senofonte, ha finito per diventare virale sul web facendo esplodere il mondo ben poco incline al perdono e alle sfumature della satira e dei meme sui social.

Da parte sua il Cdr del quotidiano, come scrive Il Fatto Quotidiano, ha inviato una mail a tutti i colleghi cercando di smarcarsi dai contenuti dello scritto e che forse sperava di vedere annegati nelle bombe d’acqua e nelle ondate di calore di quell’estate schizofrenica. Leggiamo:

«Questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale “identitario” (…!!??) vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro – concludono nella nota – siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà».[2]

Tuttavia, prosegue implacabile il quotidiano diretto da Marco Travaglio, lo sdegno delle penne di Repubblica non è riuscito ad approdare in superficie sulle pagine del loro stesso giornale in quanto il direttore Maurizio Molinari si sarebbe rifiutato di pubblicare la nota del Cdr.

Puntuale come una ghigliottina repubblicana è arrivata infatti la “censura” della direzione. «Il Cdr gli ha chiesto di poter pubblicare la propria comunicazione sul giornale, in edicola oggi. Ma il direttore si è rifiutato, dicendosi tuttavia d’accordo nel merito. Così ai giornalisti e alle giornaliste del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari è arrivata una nuova mail, di cui riportiamo il contenuto: “Questo pomeriggio abbiamo chiesto alla direzione la pubblicazione della nota interna che vi avevamo inviato, visto che ormai e purtroppo era diventata di dominio pubblico. Era giusto che i lettori leggessero quelle parole direttamente sul nostro sito e sul nostro giornale e non altrove. Il direttore ha deciso di non pubblicarla, ritenendola una ingerenza del Cdr sulle scelte editoriali. Posizione che non condividiamo. Dopodiché il direttore ha detto di comprendere e condividere ciò che avevamo scritto e nei prossimi giorni questa consapevolezza ‘verrà resa chiara sulle nostre pagine’. Questo per il dovere di trasparenza che vi dobbiamo”».[3]

Naturalmente, aggiungiamo doverosamente, non esiste alcuna correlazione tra il comportamento del direttore di Repubblica ed eventuali casi di nepotismo o di conflitto d’interesse.

Honi soit qui mal y pense.

Per chiarire come promesso sulle pagine di Repubblica la posizione ufficiale del giornale sul caso, il 26 luglio il quotidiano ha pubblicato una difesa d’ufficio di Elkann (Alain) per la penna illuminata e illuminante di Fabio Finotti, direttore dell’Istituto italiano di cultura di New York e professore emerito all’università della Pennsylvania. Che con penna sagace, da par suo, mette in guardia, poteva mancare…?, dai pericoli del nuovo fascismo incombente. «Lo scrittore esce dal treno silenzioso e non visto. Può considerarsi fortunato. La prossima volta il nuovo fascismo invece di ignorarlo potrebbe aggredirlo perché ha osato essere diverso dagli altri».[4]

Di passata, occorre segnalare anche l’ombrello offerto al padre dell’editore di Repubblica dal sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, tra i primi a difendere lo scrittore e attaccare i giornalisti del quotidiano che avrebbero compiuto, secondo lui, «una grottesca forma di censura», come scrive in una chat del ministero della Cultura riportata da Open. In cui argomenta indignato come nessuno si sia preoccupato «del malumore di tanti» a bordo di quel treno per il «turpiloquio, il linguaggio privo di inibizioni, con le riflessioni sessiste dei giovani che parlano di cercare ragazze».[5]

E qui ci fermiamo – sgomenti – di fronte a un evidente e patologico caso di sdoppiamento della personalità a proposito di turpiloquio, linguaggio privo di inibizioni e riflessioni sessiste… Preferiamo entrare nella disamina, appena approfondita, delle impietose esternazioni ferroviarie di Alain Elkann.

Cominciando dai lanzichenecchi.

(continua…)

 

[1] A. Elkann, Sul treno per Foggia con i giovani lanzichenecchi”, Repubblica, 23 luglio 2023, https://www.repubblica.it/cultura/2023/07/23/news/racconto_alain_elkann_sul_treno_per_foggia_con_i_giovani_lanzichenecchi-408733095/.

[2] A. Marzocchi, I giornalisti di Repubblica si dissociano dallarticolo di Alain Elkann (padre delleditore): Contenuti classisti”, Il Fatto Quotidiano, 24 luglio 2023, https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/07/24/i-giornalisti-di-repubblica-si-dissociano-dallarticolo-di-alain-elkann-padre-delleditore-contenuti-classisti/7239836/.

[3] A. Marzocchi, Alain Elkann, il direttore di Repubblica si rifiuta di pubblicare la nota con cui i giornalisti si dissociano dal padre delleditore, Il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2023, https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/07/25/alain-elkann-il-direttore-di-repubblica-si-rifiuta-di-pubblicare-la-nota-con-cui-i-giornalisti-si-dissociano-dal-padre-delleditore/7241086/.

[4] F. Finotti, I lanzichenecchi visti dagli Usa: il caso Alain Elkann, Repubblica, 26 luglio 2023, https://www.repubblica.it/cultura/2023/07/25/news/reazioni_usa_caso_lanzichenecchi_elkann-408988762/.

[5] G. Ruggiero, I giornalisti di Repubblica si smarcano da Alain Elkann, la strigliata di Sgarbi: «Classista? Ignoranti: ha detto la verità e lo censurate», Open, 24 luglio 2023, https://www.open.online/2023/07/24/vittorio-sgarbi-vs-giornalisti-repubblica-racconto-viaggio-alain-elkann/

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