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Mattei fascista, fake news targata Cia per esorcizzare la strategia mediterranea dell’Italia

Il complesso e avvelenato contenzioso tra Mattei e l’intelligence, nello specifico quella statunitense, non si è risolto nell’attentato di Bascapè. A parte ricorrenti affioramenti carsici nelle more del “giallo” della sua morte, in tempi recentissimi, palesando uno smaccato interesse strumentale, tanto internazionale quanto domestico, è tornato alla ribalta con una tesi a dir poco fantasiosa e grottesca.

In un cablogramma dell’ambasciata statunitense a Roma, a firma di Lester A. Simpson, capo base della Cia a Milano, datato 11 agosto 1955 e intitolato U.S. Embassy and Italian Petroleum Industry – goccia nel mare di un ricchissimo per quanto deludente archivio di 13.173 documenti desecretati dall’amministrazione Biden e pubblicati dai National Archives di Washington nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di John F. Kennedy – si legge che Enrico Mattei era stato fascista fino al 1945 ed era entrato nella Resistenza solo quando la vittoria alleata era apparsa certa, comprando a cara prezzo la nomina di comandante partigiano della Democrazia cristiana…

L’analisi del rapporto segreto di Simpson s’inquadra in un contesto più ampio e, in prospettiva, assai preoccupante per gli Stati Uniti in quegli anni, alla luce della politica che Mattei stava conducendo per far ottenere all’Italia il sovranismo energetico di cui aveva bisogno per liberarsi dal controllo e dal dominio dell’Oil Cartel internazionale, rilanciando pericolosamente il paese come protagonista delle dinamiche geopolitiche nel decisivo quadrante del Mediterraneo.

Nel dispaccio si afferma infatti che «la grande maggioranza delle compagnie petrolifere italiane, che fino al IV World Petroleum Congress si opponevano all’Eni, ora presentano un fronte unito con Enrico Mattei, nella sua opposizione allo sfruttamento dei depositi italiani da parte degli interessi statunitensi». In sintesi, l’attitudine dei circoli del settore petrolifero italiano appare «ostile». Tutto sarebbe da ricondurre alla non gradita attenzione del presidente dell’Eni nei confronti degli interessi nazionali, una strategia da ricondurre alla sua militanza fascista: «Mattei stesso fino al 1945 era fascista. Aveva iniziato a lavorare nella Resistenza dopo l’8 settembre, facendo però attenzione allo stesso tempo di conservare i rapporti con i tedeschi (being careful at the same time to “keep in” with the Germans). […] Quando era diventato chiaro che la vittoria degli Alleati era certa, Mattei aveva pagato cinque milioni di lire a un leader partigiano della Dc, per ottenere il titolo di capo partigiano della Dc e il grado di generale della Resistenza nel Cln. La sua nomina era stata approvata dal generale Cadorna e dal colonnello Argenton, ora braccio destro di Mattei».[1]

Il documento – che cita non meglio identificate «fonti bene informate (knowledgeable circles)» – rivela che l’eminenza grigia di tutta questa vicenda, sarebbe stato l’allora vicedirettore generale degli Affari politici del ministero degli Esteri, Remigio Grillo, definito «ex squadrista e protetto di Galeazzo Ciano», a cui doveva tutta la sua successiva carriera ai vertici del ministero degli Esteri.

Lo stesso Grillo si sarebbe preoccupato di allacciare stretti rapporti con la nuova ambasciatrice degli Stati Uniti a Roma, Claire Booth Luce, in modo da controllare da vicino la politica statunitense nel settore petrolifero, strategia decisa nel corso di una segretissima riunione a casa del principe Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas al tempo della Repubblica sociale di Mussolini. Non a caso il gruppo di Grillo e dei suoi sodali «nell’alta società romana, sono conosciuti come “sommozzatori” (uomini-rana o demolitori di ostacoli anti-sbarco), (in Rome’s high society, are known as “sommozzatori” (frog-men or under-water demolitions men)» si legge nel rapporto.

Ormai lanciato, Simpson si avventura anche in un pruriginoso gossip spionistico al punto di coinvolgere anche l’avvenente moglie di Mattei, l’ex ballerina austriaca Greta Paulas, «Come parte della cospirazione (As part of the process) sua moglie divenne l’amante di un capitano austriaco molto importante nella Sd [Sicherheitsdienst, i servizi segreti delle Ss, n.d.r.] tedesca». A quanto pare con l’evidente complicità dello stesso Mattei…

Sgrammaticata e abborracciata sceneggiatura per un remake di Mata Hari, con la bella Greta al posto della Garbo…

Sin qui le improbabili “veline” dei servizi statunitensi, assai ostili, come ben sappiamo a Mattei e a tutta la sua politica. Non resta da chiedersi quanto ci sia di vero e come mai, a distanza di tanti anni, queste indiscrezioni, generosamente suffragate dal vuoto pneumatico più assoluto, siano state ampiamente riprese da una stampa a chiaro e pre-giudiziale orientamento ideologico.[2]

La risposta al primo interrogativo la fornisce Giulio Sapelli, docente, tra l’altro…, di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, intervistato dal Quotidiano Nazionale.

Mattei un falso partigiano…? Sapelli monta su tutte le furie «Ma quale fascista, questo è un attacco alla dignità personale e politica di un valoroso partigiano. Lasci dire: ho lavorato per anni con Cesare Merzagora e Leo Valiani (rispettivamente ex presidente del Senato e storico e politico antifascista, n.d.r.), entrambi, pur con grandi differenze politiche, raccontavano del lavoro pericolosissimo che Mattei svolgeva per la Resistenza al Nord. Raccoglieva i soldi dagli imprenditori, fra i quali Enrico Falck, l’industriale dell’acciaio che contribuì alla nascita della Dc, e li portava in montagna a chi combatteva».[3]

Il fondatore dell’Eni, tra l’altro, era stato uno dei sostenitori della fucilazione sommaria di Mussolini, ricorda Sapelli. «Me lo raccontò Valiani, che non se ne stupiva: Mattei fu tra i primi a volerne la fucilazione. “Se lo consegniamo agli inglesi fra qualche anno ce lo troviamo alle elezioni”, disse. Ma la cosa più terribile è l’insinuazione che si legge sulla moglie di Mattei, Greta Paulas, cui si attribuisce una relazione con un ufficiale nazista. Pettegolezzi ignobili. […] La signora Mattei alla morte del marito, che girava lo stipendio alle suore, si ritrovò povera. Il consiglio d’amministrazione [dell’Eni] dovette votarle un vitalizio. L’intelligence lavora con il materiale che ha: il fango. Il vero impegno è vagliarlo, distinguere il vero dal falso. E chi trova questi documenti decenni dopo non può prenderli così, senza leggerne il contesto. Uno storico lo sa: trovare una fonte non significa trovare la verità».

Liquidata così la distanza del finto scoop della Cia, Sapelli passa a spiegare il contesto cui è maturata la sua effimera finestra di notorietà. Si tratta solo di «racconti raccolti da nemici politici ed economici di Mattei», il tutto in un contesto preciso, che da tempo accomuna ben identificati e collimanti interessi assai poco ideologici. Internazionali e nazionali. Come dimostrano anche certe disavventure qatariote sulla base di quell’“internazionalismo proprietario” che a sinistra ha rimpiazzato senza troppi rimpianti l’“internazionalismo proletario” d’antan.

In sistesi, secondo il professore torinese, tutto nasce da quando «Giorgia Meloni ha parlato di un “piano Mattei“ per l’Africa. E questo evidentemente non piace». Anche se il nostro futuro è scritto nel rapporto con l’Africa. Sapelli dixit.

La riproposizione meloniana e attualizzata di un aggiornato “piano Mattei” per l’Africa si declina in due tappe principali. Nel solco dei risultati delle elezioni legislative del 25 settembre 2022.

Il presidente del Consiglio incaricato Giorgia Meloni, il 25 ottobre 2022, a un mese esatto dalle voto che ha consacrato la vittoria del centrodestra e il suo successo personale come leader del partito di maggioranza relativa, nel discorso alla Camera per le dichiarazioni programmatiche, in vista del voto di fiducia al nuovo governo, fece una citazione di Mattei, anche come modello ispiratore per azioni che favoriscano lo sviluppo economico dell’Africa, in chiave di drenaggio dei flussi migratori provenienti dai paesi più poveri.

Un riferimento che non passò inosservato: «Il prossimo 27 ottobre ricorrerà il sessantesimo anniversario della morte di Enrico Mattei, un grande italiano che fu tra gli artefici della ricostruzione postbellica, capace di stringere accordi di reciproca convenienza con nazioni di tutto il mondo. Ecco, credo che l’Italia debba farsi promotrice di un “piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area subsahariana. E ci piacerebbe così recuperare finalmente, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il ruolo strategico che l’Italia ha nel Mediterraneo».[4]

Concetti ripetuti successivamente anche il 3 dicembre successivo, chiudendo l’ottava edizione dei Dialoghi sul Mediterraneo di Roma, in cui il premier ebbe modo di ribadire il forte impegno del governo a far che l’Italia rafforzi il suo ruolo nel bacino mediterraneo.

«Solo creando uno spazio di stabilità e prosperità condivisa – ha detto la Meloni – potremo attraversare in modo efficace le sfide epocali che stiamo vivendo, dalla sicurezza alimentare alla salute, passando per i cambiamenti climatici. L’Italia si è da sempre fatta promotrice di un approccio inclusivo e costruttivo di fronte a queste sfide».[5]

Nel solco dell’esperienza pregressa, anche di Mattei, il premier ha ricordato il ruolo guida italiano in questo scenario come precursore della strategia indicata: «la nostra prosperità non è possibile senza quella dei nostri vicini. Per questo, all’atto dell’insediamento del nuovo governo, ho parlato della necessità che l’Italia si faccia promotrice di un “piano Mattei” per l’Africa, cioè di un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, che abbia un approccio che prendendo esempio da un grande italiano come Enrico Mattei, non abbia una postura predatoria nei confronti delle nazioni africane, ma collaborativa, rispettosa dei reciproci interessi come è stato detto, fondata su uno sviluppo che sappia valorizzare le identità e le potenzialità di ciascuno».

L’Italia, ha concluso la Meloni, «è e può essere molto di più cerniera e ponte energetico naturale tra il Mediterraneo e l’Europa. È una delle grandi sfide strategiche che questo governo vorrebbe portare avanti e su cui stiamo lavorando in virtù di una  posizione geografica particolare, delle sue infrastrutture, della sua proiezione cooperativa e del prezioso contributo delle proprie imprese. Vantiamo una ricca diversificazione sia di rotte – gasdotti ed elettrodotti – che di fonti. Fattore che, adesso più che mai, rappresenta un valore cruciale per la comune sicurezza, per la resilienza energetica e lo sviluppo di relazioni sempre più strette».

Curiosamente, e forse anche pericolosamente…, le parole della Meloni riecheggiano quelle di Mattei, pubblicate sul New York Times poche settimane prima dell’attentato mortale di Bascapè.

L’articolo intitolato Due repubbliche e due politiche, frutto di un’intervista concessa a Cyrus L. Sulzberger, “profondo” columnist dell’autorevolissimo quotidiano statunitense, apparve in contemporanea nell’agosto 1962 anche sul Corriere della Sera, a testimonianza di un altrettanto profonda identità di strategie.

Irridente e astioso, verso la chiusura del pezzo, Sulzberger si fa ancora più velenoso, con buona pace del decantato equilibrio anglosassone, focalizzandosi su questioni di carattere internazionale. La politica estera di Mattei, si legge, «odorante di catrame»…, è incoerente, perché «desidera stringere relazioni intime con gli Stati arabi neutralisti poiché hanno petrolio. Ma, allo stesso tempo, danneggia quegli Stati arabi, col vendere petrolio sovietico a buon mercato». La lingua di Sulzberger sull’argomento Mattei, batteva sempre sul dente dolente degli interessi petroliferi e strategici di Washington.

Ma, ciò che forse più conta, il presidente dell’Eni aveva il torto – evidentemente inespiabile per le strategie “profonde” delle aristocrazie venali anglo-americane – di ritenere che il bacino mediterraneo, grazie al petrolio e al metano, potesse diventare una futura grande Ruhr in grado di alimentare le industrie europee. «In ciò è sottinteso che l’iniziativa italiana convertirebbe il Mediterraneo in una specie di mare nostrum», sottolinea preoccupato Sulzberger. Un Mare nostrum di neo-atlantista o “neo-romana” e sulfurea memoria.[6]

Un quadro di strategie di ampio respiro che vedevano l’Italia fatalmente protagonista dell’area mediterranea in quanto al centro focale, come gigantesca portaerei naturale e prioritario catalizzatore, delle coordinate degli assi geopolitici Est-Ovest e Nord-Sud. Un progetto lungimirante e rivoluzionario che avrebbe altrettanto fatalmente perturbato, se realizzato, consolidati equilibri locali, europei, mediorientali e africani. In definitiva planetari.

L’attentato di Bascapè avrebbe risolto il problema alla radice.

Comunque sia, sullo sfondo della valutazioni della Cia, di Repubblica, di Sapelli e della Meloni, al di là di ogni considerazione soggettivamente più o meno legittima, resta il fatto oggettivo che la parabola storica, essenziale e imprenditoriale di Enrico Mattei resta – a tutt’oggi e ancora una volta – di una sconvolgente attualità paradigmatica.

ntariamente ritratto con la rinuncia a qualsiasi presenza coloniale avviando, di converso, un’azione diplomatica più aperta al dialogo con i popoli arabi dell’area mediterranea e medio-orientale.

[1] National Archives, U.S. Embassy and Italian Petroleum Industry, https://www.archives.gov/files/research/jfk/releases/2022/104-10071-10120.pdf.

[2] Cfr., Paolo Mastrolilli, La Cia riscrive il caso Mattei: Era fascista: pagò la Dc per fingersi partigiano”, Repubblica, 17 dicembre 2022, https://www.repubblica.it/politica/2022/12/17/news/enrico_mattei_fascista_documenti_cia-379393929/.

[3] G. Bandera, Enrico Mattei, per la Cia era fascista. Sapelli: Solo fango. È un attacco allItalia”, Quotidiano Nazionale, 18 dicembre 2022, https://www.quotidiano.net/cronaca/enrico-mattei-cia-1.8397010.

[4] Camera dei deputati, Seduta n. 4, martedì 25 ottobre 2022, Resoconto stenografico, https://webtv.camera.it/evento/21261#.

[5] Governo italiano, Presidenza del Consiglio dei ministri, Intervento del Presidente Meloni ai Dialoghi sul Mediterraneo di Roma, sabato, 3 dicembre 2022, https://www.governo.it/it/articolo/intervento-del-presidente-meloni-ai-dialoghi-sul-mediterraneo-di-roma/21174.

[6] Ricordiamo che il termine neoatlantismo venne coniato nel 1957 dal ministro degli Esteri Giuseppe Pella nell’intento di rivendicare una maggiore presenza dell’Italia su un quadrante decisivo come quello Mediterraneo, da cui il paese si era volo

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1 commento

  1. Anonimo

    E’ bastato che la Meloni citasse più’ volte Mattei …assieme ad altri esponenti politici ed economici Italiani e zac …controinformazione usa per annullare il tutto

    Rispondi

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