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Qatar vince, Europa perde

La vittoria di Messi nella finale per la Coppa del Mondo è solo l’apparente. In realtà: “The winner is …” l’Emiro Al Thani! Padrone di casa e regista del Mondiale più discusso e più incredibile della storia del calcio.

La finale stessa è stato il trionfo di Al Thani e della sua idea di calcio. Messi e Mbappè le due superstar del pallone sono entrambi suoi dipendenti al PSG. Il presidente francese, a suo fianco in tribuna, è poco più di un suo funzionario a Parigi.

Macron d’Arabia (come lo chiamano i giornali transalpini) ha già firmato con l’Emiro contratti per dodici miliardi di euro permettendo ai fondi qatarini di diventare strategici nel cuore dell’Europa. In Francia Doha ha mani in pasta ovunque e controlla il 27% nella Societè des Casinos de Cannes, il 13% nel gruppo Lagardere (media e armi), 8% di Eads (aeronautica), il 5% di Veolia (energia), il 3% di Total, il 2% di Vivendi (editoria) e l’1% di Lvmh (moda). Secondo il settimanale francese l’Express il Qatar basa il suo potere su cinque pilastri: il gas, la rete televisiva Al Jazeera, la presenza militare americana nell’Emirato, la diplomazia e il calcio.

La dimostrano i Mondiali appena conclusi. Gli emiri hanno capito che il calcio è il più potente mezzo per sedurre il pubblico europeo ed occidentale. E sull’esempio del Paris Saint Germain, acquisito da Doha nel 2011 e costato fino a oggi 1,5 miliardi, anche le altre monarchie del Golfo hanno investito nel pallone. Newcastle e Sheffield sono di proprietà dell’Arabia Saudita, il Manchester City degli Emirati. Non solo. Emirates, Etihad Airways e Qatar Airways hanno accordi milionari con le principali squadre di calcio europee.

Ai Mondiali la sudditanza europea anche nel calcio è stata palese. Le proteste per i diritti umani e civili oscurate in tv dalla Fifa senza che nessun giocatore trovasse il coraggio di dire qualcosa. Si pensi alla Germania, ricca di fasce arcobaleno (rimosse) con la pagliacciata della foto di gruppo con le mani sulla bocca ma in silenzio anche sul fronte delle denunce. Anche il portiere e capitano della Germania Neuer si è guardato bene dall’esporsi magari denunciando la sponsorizzazione della Qatar Airways alla sua squadra di club il Bayern Monaco. Saprà anche lui che l’Emirato sta diventando strategico pure per i tedeschi, assetati di gas per la guerra in Ucraina. Colossi come Porsche, Volswagen, Deutsche Bank, Siemens sono brand da tempo controllati a vario titolo da Doha.

Per non parlare della Gran Bretagna colonizzata da tempo. Tra gli investimenti più importanti degli emici si sono: Harrods, Canary Wharf, la Borsa di Londra, l’hotel Ritz, il 20% dell’aeroporto di Heatrow, il 20% di Sainsbury, il 6% della Barclais Bank. Senza contare lo scandalo dove si è infilato Re Carlo III che recentemente ha accettato una valigetta con un milione di euro in contanti consegnatagli dall’ex primo ministro del Qatar.

Non deve quindi sorprendere quanto sta accadendo al Parlamento europeo. Il Qatargate di Bruxelles dimostra l’acqua calda: l’esistenza di una lobby a libro paga di Doha forte con diversi di parlamentari di sinistra (sessanta?) tutti regolarmente globalisti e immigrazionisti. L’unica domanda legittima che si possa fare è perché lo scandalo sia scoppiato solo ora quando tutto era così palese e in qualche modo noto. Come sono ben conosciuti i progetti del Qatar per l’islamizzazione dell’Europa. Documenti del Middle East Forum rivelano che il Qatar ha distribuito quasi un miliardo di dollari alle organizzazioni islamiche, soprattutto in Occidente. Nell’ultimo decennio in Germania sono state costruite 140 moschee, in Kosovo una ventina tra cui una di cinque piani (2500 fedeli) nel centro di Pristina. L’Italia è da tempo terra di conquista con il proliferare di moschee, centri culturali e scuole islamiche. Da noi con la benedizione del Parlamento come dimostra l’accordo sottoscritto dal governo Draghi su scambi culturali tra Italia Qatar votato nel maggio del 2021 dal 90% delle Camere (contrari solo Fratelli d’Italia). Secondo Jonathan Shaw, ex vice capo di stato maggiore della Difesa in Gran Bretagna: “Ovunque c’è islamismo c’è dietro il Qatar che, insieme all’Arabia Saudita, finanzia la diffusione globale dell’islam radicale”.

Ma torniamo al Mondiale che resta la prova provata della vittoria dell’Emirato sull’Europa. Due articoli dell’Economist e del Financial Times celebrano il trionfo.

Tesi dell’Economist: la globalizzazione più sfrenata anche nel calcio aiuta a vincere le disuguaglianze. Sviluppo: i risultati della metà delle 64 partite che si sono giocate hanno ribaltato le previsioni dei bookmakers quindi si è trattato di un Mondiale che ha sviluppato l’uguaglianza. Che sia giocato in inverno con squadre decimate dagli infortuni (il pallone d’oro Benzema e il secondo classificato Manè assenti) non viene considerato. Il Financial Times si supera sostenendo che tra i Mondiali moralmente discutibili degli ultimi decenni Qatar 2022 non finirebbe sul podio. Battuto da Argentina ‘78 (Mondiali disputati sotto la dittatura militare), Mexico ’70 (nel 1968 il governo messicano fece trucidare centinaia di lavoratori che protestavano disarmati) e Russia 2018 (ad appena quattro anni dall’annessione della Crimea).

Conclusione: Qatar2022 assolto pienamente, nonostante 6500 morti nei cantieri, senza nessuna certezza sul rispetto futuro di diritti civili e umani. Un celebre proverbio francese sostiene che: “il calcio lo hanno inventato i poveri ma lo hanno rubato i ricchi”. Ai ricchi lo hanno scippato gli emiri che hanno vinto il Mondiale e umiliato Messi costringendolo a indossare in mondo visione una tunica araba.

 

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3 Commenti

  1. Gianluca Favro

    E sulle orme del Qatar ora e’ l’Arabia Saudita a muoversi verso est direzione Corea per vincere la sfida dell’Expo 2030 con Roma. Per Riad forse non e’ solo questione di business…ma di supremazia su al Rumja!

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  2. Luca

    Analisi eccellente

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  3. Melchionda mauro

    Estremamente interessante,.Sono sempre più meravigliato della ipocrisia del mondo democratico che accetta queste “ingiustizie”

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