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Qatar 2022: un mistero mondiale (segue…)

Tutto fuorchè una storia di sport

IL QATAR ALLA CONQUISTA DEL MONDO

Non è possibile riassumere in poche righe l’utilizzo – meglio, la strumentalizzazione – che il Qatar ha fatto dello sport dagli anni Novanta – il decennio della svolta – ad oggi. Ci sono dei traguardi che ne hanno scandito la storia. Il mondiale di atletica andato in scena nel 2019 è solo l’ultimo in ordine di tempo.

Nonostante l’utilizzo di imponenti e costosissimi macchinari tecnologici di raffreddamento atti a rendere gli impianti sportivi e le prestazioni atletiche quantomeno praticabili a quelle latitudini, il mondo dell’atletica ha fatto pensare – attraverso più voci, quelle dei protagonisti come quelle degli organi ufficiali – che l’esperimento sia tutto meno che riuscito. Molti atleti sono stati costretti ad abbandonare la gara per le condizioni climatiche proibitive – fuori dagli impianti “raffreddati”, infatti, le temperature raggiungevano anche i 40 gradi, percepiti sui 50 per via dell’umidità.

Ad onor del vero, la gran parte di essi ha preferito i soldi – premi così non si erano mai visti nel mondo dell’atletica – alla salute. A chiudere il (non certo armonioso) quadro l’affluenza media degli spettatori attestata sulle 2000 unità, spettacolo decisamente imbarazzante se pensiamo alla capienza minima dello Stadio Khalifa, che conta 48.000 posti a sedere.

Il Mondiale di calcio del 2022 potrà almeno avere i seguenti vantaggi: un afflusso maggiore – si calcola l’arrivo di 1.5 milioni di appassionati – e un dettaglio climatico non irrilevante, dal momento che quello del 2022 sarà il primo Mondiale invernale. Certo, a totale discapito dei tifosi – ci torneremo.

Facciamo un passo indietro. È l’estate del 2007 e il Qatar lancia l’Aspire Football Dreams (AFD), una sorta di enorme Cantera sparsa per il mondo. Non a caso, il progetto è stato affidato a Josep Colomer, l’occhio che ha intravisto in un gracile ragazzino di Rosario un potenziale futuro fenomeno: Lionel Messi. Il progetto si è scandito secondo due fasi fondamentali:

  • il reclutamento di giovani talenti – tutti provenienti dall’Africa
  • lo smistamento degli stessi presso diverse squadre “satellite” dove fare pratica a livello professionistico.

Un risultato, tra le mille difficoltà affrontate da Colomer, si è comunque registrato (anche se indirettamente): la vittoria della Coppa d’Asia del 2019 del Qatar e la conseguente partecipazione della formazione qatariota – insieme al Giappone, l’altra finalista della Coppa d’Asia – alla Coppa America dello stesso anno. Un altro uomo fortemente legato alla Catalogna e al Barcellona come Xavi Hernandez aveva profetizzato – tra l’ironia generale – questo risultato; Xavi è un uomo simbolo del calcio qatariota, avendo finito la propria carriera da calciatore nell’Al-Sadd, di cui è attualmente allenatore.

Il risultato del 2019 – storico per il Qatar – è frutto di una programmazione oculata e di milioni di soldi spesi tra l’acquisto – con conseguente cambio di nazionalità – di talenti e la costruzione di strutture avanguardiste. Il fenomeno sportivo qatariota, strettamente legato alla propaganda del Paese, è splendidamente riassunto da una sentenza di Mazzini:

«Dal punto di vista sportivo l’Emirato funziona così: esporta petrolio e importa campioni. Di qualunque disciplina».

Solo per fare un esempio, l’uomo più veloce d’Asia si chiama Femi Seun Ogunode. È africano ma gareggia per il Qatar. Nato in Nigeria a Ondo City nel 1991 ha cambiato cittadinanza nel 2008. “Quando venni contattato via mail dal Qatar ho accettato la loro proposta ma dicendo subito che non avevo i soldi per trasferirmi a Doha. Mi risposero di spedire il passaporto e mi hanno pagato il viaggio. Il resto è storia”.

Ma in tutta questa storia, a mancare è proprio il resto. Quali segreti nasconde la vittoria del Qatar come Paese ospitante dei Mondiali del 2022?

Il filo rosso che lega il Qatar al calcio si chiama Francia.

Siamo a Zurigo, nel Dicembre del 2010. In ballo le candidature per i prossimi Mondiali del 2018 e del 2022. Josep Blatter, padre padrone della FIFA, dichiara, tra l’incredulità generale, che la piccola Penisola ha vinto – con 14 voti a favore – il bando del 2022. L’avversario? Niente di meno che gli Stati Uniti d’America, Paese col quale il Qatar intrattiene ottimi rapporti commerciali.

Il filo rosso che lega il Qatar al calcio si chiama Francia. Il libro di Mazzini lo slega attraverso tre punti chiave, scanditi nel tempo: (1) la vittoria del Qatar al bando per i Mondiali del 2022 – vittoria che fu possibile grazie a due uomini chiave nell’organizzazione europea e mondiale del calcio, Platini e Blatter; (2) l’acquisto da parte dell’emiro Nasser Al-Khelaïfi del Paris Saint Germain; (3) il colpo di mercato più importante della storia calcistica: Neymar Junior, dal Barcellona. Andiamo con ordine.

Nonostante svariate inchieste partite dagli Stati Uniti prima e dalla Gran Bretagna poi, note alla voce Qatargate – a definirlo così è stato per primo l’Equipe; siamo nel 2013 e il colosso editoriale francese esce con un’inchiesta shock sulla corruzione che ha portato all’assegnazione del Mondiale del 2022 –, ad oggi il Qatar risulta innocente.

Come ha affermato Jassim Bin Mansour rispondendo ai “nemici” che in questi anni hanno puntato il dito verso il Qatar,

«le accuse di corruzione non ci toccano. Indagini e rapporti investigativi negli anni non sono stati in grado di portare prove certe. Ci siamo aggiudicati la competizione con un margine di voto significativo: 14 voti contro 8. È tempo di cancellare queste falsità per sempre. Anche sul fronte del lavoro abbiamo fatto passi importanti. Nel 2013 la Confederazione internazionale dei sindacati (CIS) ci aveva criticato per le condizioni di vita degli operai edili in Qatar ma nel 2017 la stessa organizzazione ha dichiarato che c’è stato un chiaro impegno del nostro governo a normalizzare con gli standard internazionali le tutele per i lavoratori immigrati. […] Il Qatar è incredibilmente orgoglioso di ospitare i prossimi Mondiali perché attraverso lo sport riusciremo ad avvicinare le persone e promuovere e ispirare l’avanzamento di generazioni e generi attraverso i continenti».

Ma torniamo all’assegnazione del Mondiale. Un broglio che ha avuto tre protagonisti assoluti: lo svizzero Sepp Blatter, il francese Michel Platini e il qatarino Mohamed Bin Hammam. Tutti e tre, caso vuole, in aspra lotta per la presidenza della Fifa tra il 2011 e il 2015. Tutti e tre travolti, in tempi diversi, dallo scandalo.

A far scattare l’operazione il ministro della Giustizia americano Loretta Lynch che insieme alla Procura di Brooklyn ha messo sotto accusa l’organizzazione del calcio mondiale a partire dal 1991 fino al 2015. Un periodo lungo 24 anni (17 a guida Blatter) durante il quale sono stati messi in palio al miglior offerente sottobanco diritti media, sponsorizzazioni e poltrone al vertice delle istituzioni calcistiche, oltre all’assegnazione di tornei, dai mondiali a qualificazioni e coppe continentali.

Tutto ha inizio – come spesso accade – da una cena tra “amici”.

«Sono andato a cena da Sarkozy e ho trovato quelli del Qatar. Ma ero andato per dire che avrei votato Russia e Qatar, avevo già deciso. Nessuno mi ha obbligato. Solo Blatter mi ha chiesto di votare Russia» (Michel Platini).

In cambio del voto e dell’influenza di Platini per il Mondiale del 2022, Al-Khelaïfi avrebbe rilevato il PSG per farne un top club, incrementato la partecipazione qatarina nel gruppo Lagardere e aperto un canale tv interamente dedicato allo sport in Francia. Detto fatto. Nell’arco di sei mesi, gli emiri acquisiranno il PSG, diventeranno i maggiori azionisti di Lagardere e apriranno il canale beIN Sports. Solo nove giorni dopo quella cena, il 2 dicembre 2010, la Fifa assegna al Qatar i Mondiali 2022.

L’acquisto del PSG fu dunque la naturale conseguenza di quell’accordo. Ma l’acquisto di Neymar è andato oltre ogni previsione. Alla fine, si calcola che l’intera operazione sia costata 562 milioni. Una cifra pazzesca, che ha portato il calcio in una nuova dimensione.

«Questo perché a comprare il giocatore brasiliano non è stato un club calcistico ma una nazione: il Qatar. E questo per motivi non solo calcistici».

Mazzini non esclude che la motivazione, oltre che di immagine – punto indiscutibile – fosse di carattere vendicativo. Appena un anno prima, infatti, l’emiro si era dovuto sorbire la rimonta dei catalani (6-1 al Camp Nou dopo il 4-0 dei parigini all’andata) ad opera, oltre che di Messi e compagni, proprio di Neymar – in una delle sue notti indimenticabili. Oggi O’Ney vuole andarsene dal PSG, magari proprio per tornare al Barcellona. Fatto sta che l’acquisto del brasiliano ha portato gli occhi del pianeta calcistico sul club parigino – di cui grande tifoso è Sarkozy, il primo uomo politico vicino ad Hamad, l’emiro della svolta qatariota.

CONCLUSIONE

Il libro di Mazzini si conclude con una doppia appendice dedicata al Belpaese. L’intervista all’ambasciatore italiano in Qatar Pasquale Salzano mette in luce con la chiarezza propria del discorso diretto ciò che l’autore del libro già rivela tra le righe dello stesso: l’Italia vive – nei confronti del Qatar – in uno stato di beata ignoranza.

La beatitudine (materiale) gli viene dal fatto che il ricco Paese medio-orientale investe ogni anno milioni e milioni di euro in Italia – almeno tre i casi emblematici: l’acquisto pressoché totale del quartiere Porta Nuova di Milano, l’acquisto dell’Excelsior, hotel simbolo della Roma felliniana, e l’Hotel San Domenico di Taormina; è soprattutto in Sicilia che l’emiro vuole affermare lo stretto legame tra la cultura locale e il mondo islamico. Non solo. Nel 2012 viene acquistata per 650 milioni di euro la Smeralda Holding che possiede in Sardegna alberghi e centri turistici come Cala di Volpe, La Marina di Porto Cervo o il Pevero Golf Club in aggiunta a 2.300 ettari di terreni prestigiosi in Gallura.

Ma c’è dell’altro. Oltre ai rapporti con l’Adriatic Lng Terminal – società di Rovigo che tratta il gas proveniente dalle fonti qatariote – è soprattutto con la società Leonardo – parliamo della maggiore realtà italiana specializzata nell’alta tecnologia per la difesa e la sicurezza del nostro Paese – che il Qatar intrattiene i più frequenti e ricchi rapporti.

Ogni investimento è strategico, specchio fedele della filosofia che, dagli anni Novanta ad oggi, guida uno dei paesi più ricchi del pianeta.

Per il Mondiale del 2022, inoltre, va menzionata la costruzione dell’Hamad International Airport, 510 mila metri quadri di puro design made in Italy. Per la facciata esterna, 200 mila metri quadri di vetro e acciaio, è stata scelta la veneta Permasteelisa. L’intera opera è costata 800 milioni di euro e 7 anni di lavori. Per la metro – 4 linee ferroviarie che permetteranno la visione di più partite nella stessa giornata – e i lavori di costruzione esterni agli impianti sportivi, il Qatar ha chiamato in causa altri due colossi dell’ingegneristica italiana, Salini Impregilo e Rizzani De Eccher.

Come non citare, infine, l’acquisizione dello storico marchio di moda Valentino sempre da parte del Qatar, nel lontano 2012; ma anche il main sponsor dell’AS RomaQatar Airways. La lista potrebbe proseguire e nel libro di Mazzini non mancano i dettagli. Quel che qui conta sottolineare non è tanto la quantità ma la qualità delle spese qatariote. Ogni investimento è strategico, specchio fedele della filosofia che, dagli anni Novanta ad oggi, guida uno dei paesi più ricchi del pianeta. Ricco, ma non spendaccione. Attento al futuro, ma con un occhio alle tradizioni secolari che ne caratterizzano il territorio (soprattutto quello circostante).

Come si diceva all’inizio, un Paese dal piede in due staffe. Ambiguo, equivoco. Ma destinato a diventare sempre più potente. È proprio in questa strutturale “ipocrisia” della gestione interna ed esterna del Qatar che l’agile ma profondo libro di Gianluca Mazzini intende scavare. Nella certezza che il velo di mistero che, simile al Burqa, avvolge il Qatar, sia grazie a quest’inchiesta meno oscuro di prima.

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1 commento

  1. mauro melchionda

    Sempre piu interessante, un libro bomba! Dove si può comprare ??

    Rispondi

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