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L’uomo di Goldman Sachs

Nell’aprile 2010 la #GoldmanSachs, la principale banca d’affari del mondo, è stata denunciata con l’accusa di frode dalla Securities and Exchange Commission, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza delle attività di #Borsa, l’equivalente della #Consob italiana. L’azione della Sec era un atto d’accusa di una portata straordinaria in quanto il colosso finanziario statunitense entrava nel mirino dell’indagine con l’imputazione di frode per aver venduto a investitori e risparmiatori prodotti derivati da mutui subprime omettendo di fornire informazioni chiave.
Come ricordava Il #Sole24Ore, Goldman aveva retto meglio di altri alla crisi finanziaria grazie anche alla pioggia di miliardi di #dollari, prelevati dalle tasche dei contribuenti e ricevuti in prestito dal sistema bancario statunitense, attraverso il governo di #Washington che aveva attivato un piano di salvataggio degli istituti di credito too big to fail, vale a dire troppo grandi per fallire, o per lasciarli fallire…, per evitare di trascinare nel crollo l’intera economia a stelle e strisce prima e quella mondiale poi.
Dal canto suo, la Goldman Sachs ha subito smentito ogni ipotesi di reato definendo «completamente infondate dal punto di vista giuridico» le accuse della #Sec che sarebbero state contestate «con forza per difendere l’azienda e la sua reputazione».
La notizia delle gravi accuse avanzate dalla Sec contro la più potente banca d’affari del mondo, ha comunque prodotto una serie di interrogativi sulle cause di quella che era la peggiore #crisi economica e finanziaria dal 1929 e, soprattutto, sul ruolo di quello che sul New York Times è stato definito il “Goldman Sachsism”.
La Goldman Sachs è infatti considerata non solo la più potente banca d’affari statunitense ma anche in grado di condizionare mercati e governi. Di tutto il mondo.
Nel 2011 Le Monde, non certo un quotidiano “complottista”, aveva messo in guardia sul lato ombra di Mario #Draghi, ex governatore della Banca d’Italia e successivamente presidente della Bce. Draghi dal 2002 è stato infatti vicepresidente e direttore esecutivo di Goldman Sachs International con l’incarico di guidare le strategie europee dell’istituto dalla sede di Londra e, dal 2004 al 2005, è stato membro del Comitato esecutivo del gruppo Goldman Sachs.
Proprio nel periodo in cui negli #StatiUniti le banche d’affari si erano scatenate in manovre speculative e stavano costruendo il baratro finanziario esploso nel 2008 che avrebbe coinvolto il resto del mondo.
In #Europa, Goldman è attiva da tempo.
Nel 1999, ricorda sempre Le Monde, la Grecia non può aderire all’euro perché è anni luce lontana dai criteri del Trattato di #Maastricht. Per entrare nel sistema della moneta unica europea non ha altra scelta che dissimulare i suoi deficit, truccando i bilanci. «In questo contesto, nel 2000, Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno swap in valuta che permette alla #Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Il trucco permette alla Grecia di iscrivere il nuovo #debito in euro fuori dal bilancio e di farlo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua succulenta commissione e incrementa ai massimi livelli la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano».
Le Monde ricorda che Draghi ha dichiarato di avere assunto le sue funzioni nella banca d’affari solo nel 2002 e di non avere avuto nulla a che fare con il maquillage orchestrato due anni prima. Per di più se n’è andato nel 2005, un anno prima che Goldman decidesse di rivendere una parte dello swap, in condizioni ancora oscure, sostiene il quotidiano francese, alla National Bank of Greece, la prima banca commerciale del paese, diretta da un altro ex Goldman…
Ma Le Monde non molla: «Resta il fatto che tra queste due date, Draghi è stato un associato della Goldman Sachs, “vicepresidente per l’Europa di Goldman Sachs International, Imprese e debito sovrano”, titolare di un incarico che lascia supporre che Draghi abbia assicurato il seguito del contratto greco».
Nel novembre 2011, sempre su Le Monde, l’ostinato e relapso Marc Roche si chiedeva che cosa avessero in comune Mario Draghi, Mario Monti e Lucas Papademos. La risposta era inequivocabile. «Il nuovo presidente della Banca centrale europea, il presidente designato del Consiglio italiano e il nuovo primo ministro greco appartengono a livelli diversi del “governo Sachs” europeo. La banca di affari americana ha tessuto in Europa una rete di influenza che si è sedimentata da molto tempo grazie a una stretta tessitura, sconosciuta al grande pubblico».
Dei primi due, ahimé, già sappiamo.
Lucas #Papademos, nominato primo ministro della Grecia il 10 novembre 2011 dopo le dimissioni dell’esecutivo guidato da Giorgios Papandreou, fu governatore della Banca centrale ellenica tra il 1994 e il 2002 quando, secondo Roche, «partecipò all’operazione di falsificazione dei conti perpetrata da Goldman Sachs». Il gestore del debito greco, aggiunge, è un certo Petros Christodoulos, ex trader della stessa banca d’affari.
#Roche non è un adepto delle teorie del complotto, garantiva Repubblica. Che però si chiedeva: Goldman Sachs governa l’Europa…?
Domanda non peregrina visto che secondo la stampa francese, la triade Draghi-Monti-Papademos è l’esempio di come la rete della banca Goldman Sachs abbia una enorme influenza sull’economia mondiale: «la stampa francese s’interroga sull’influenza esercitata dalla banca d’affari statunitense: Mario Draghi ne è stato vice-presidente per l’Europa dal 2002 al 2005, Mario #Monti consigliere internazionale dal 2005, mentre Lucas Papademos, nuovo premier greco, era governatore della banca centrale del suo paese quando Goldman Sachs truccò i conti del paese. A sottolineare i rapporti tra l’istituto americano e diversi leader europei è Marc Roche, corrispondente di Le Monde a Londra e soprattutto autore di un libro di rilevo: La Banca. Come Goldman Sachs dirige il mondo, premiato nel 2010 con il Premio del libro di economia».
Lo scenario appare inquietante perché, come sottolinea Roche, «la banca ama piazzare i suoi uomini senza mai lasciar cadere la maschera. Perché i suoi incaricati, ligi alle consegne, nascondono l’affiliazione quando concedono un’intervista o sono in missione ufficiale (come fu il caso di Monti, che nel 2010 si vide affidare uno studio sul mercato unico europeo dal presidente della Commissione, José Manuel Barroso)».
Solo coincidenze e tendenziose dicerie complottiste quelle che disegnano la Goldman Sachs come uno vero e proprio Stato all’interno dei vari Stati?
Forse c’è materiale per dubitarne.
Per approfondire il tema rimandiamo all’intera opera di Gianfranco Peroncini, il Podestà Forestiero

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