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Disordem e regresao

La democrazia ai tempi del colera
La stampa europea ha archiviato l’elezione brasiliana in meno di 24ore dalla dichiarazione di vittoria per Luis Inacio Lula da Silva, in arte Lula. Quale sia quest’arte e’ opinione di molti che passi dal trasformismo al magheggio.
Poca cronaca e ancor meno riflessioni su quello che e’ stato uno dei passaggi principali per definire l’assetto di un Nuovo Ordine mondiale. Il Brasile infatti e’ asse portante del BRICS, oggi assurti a nuovo interesse economico e geopolitico, e’ paese ricco di materie prime e indipendente per risorse energetiche. E’ terra controversa per cultura e origini, ospita enormi foreste di impatto globale ed e’ un laboratorio sociale di grande rilevanza per la disparità tra la maggioranza della popolazione e le élite finanziarie ed industriali. Chi da questa parte dell’oceano pensa che Bolsonaro rappresentasse questa sottile fascia di privilegiati sbaglia di grosso: i 3milioni di voti che hanno separato i due candidati alla conta finale raccontano bene quanto il Brasile sia oggi diviso.
Avevo seguito la campagna elettorale e ancor prima le vicende giudiziarie di Lula, perché mi interessava la trama intessuta tra magistratura, politica, polizia ed esercito. Mi sembrava ricalcare un copione, che ricorre sempre più spesso nel contesto di crisi della democrazia in versione XXI secolo. Ovverosia, la supremazia indiscutibile della Magistratura, anche laddove il potere giuridico dovrebbe essere di sola applicazione seria e severa della legge, disposta ed approvata nelle aule parlamentari proprie della Politica. L’anomalia brasiliana sta nel terzo cardine, nell’esercito e nella polizia che non obbediscono ne’ ai giudici ne’ ai politici e costituiscono un corpo esterno ai primi due, quando non estraneo. Confesso che le fonti dirette alle quali ho potuto attingere per meglio comprendere la situazione stanno nei corpi speciali che combattono la criminalità e il narcotraffico delle favelas e che non hanno mai visto di buon occhio Lula. Ma neppure hanno sostenuto Bolsonaro come l’uomo della Provvidenza. Certo e’ che i video dell’esultanza nelle carceri di massima sicurezza alla dichiarazione di successo del candidato del Partito dei Lavoratori non può essere ricondotta alla simpatia tra persone che hanno condiviso la dura routine della galera. La mia intenzione non è di svolgere un’analisi della disputa elettorale carioca, piuttosto di ragionare sulla crisi dei sistemi democratici, partendo dall’ultimo ed eclatante caso brasiliano, nel quale il fantasma dei brogli e i sommovimenti popolari della parte sconfitta recitano un ruolo di protagonismo assoluto.
Come già accaduto nel 2020 qualche migliaio di km più a nord, a Washington, a Rio de Janeiro, a San Paolo e in buona parte del Brasile, per settimane i cittadini bolsonaristi hanno occupato le strade per rivendicare un’elezione viziata da una truffa tecnologica, portando fiori e tributi alle caserme che Lula ha promesso di disarmare, in nome di una legge contro le armi che parte dall’acquisto e detenzione privati per allungarsi fino alle regole d’ingaggio per polizia ed esercito, impegnati in una vera e propria guerra civile, casa per casa, nelle favelas. Ancora una volta e’ sull’allentamento della sicurezza pubblica e sulla perdita di legittima difesa delle persone e delle proprietà, che il mondo progressista assesta i suoi colpi più precisi. Il programma di Lula si allinea a quella che pare essere una tendenza a livello mondiale dei governi a trazione sinistra, ma è stata anticipata e resa operativa dalla massima consulta giuridica del paese, i 12 magistrati costituzionali che hanno già promulgato leggi e sentenze di condanna in questa direzione, per privati e forze dell’ordine, forti dell’appartenenza dei più alle forze progressiste ora al governo.
Sui social e nelle reti televisive sud americane sono girati i video della famigliarità con cui il neo presidente Lula tratta il capo indiscusso del narcotraffico. L’ovazione con tanto di feste nelle celle alla comunicazione del ballottaggio e’ un’immagine che è facile reperire online.
Ma le analogie di metodo con la situazione occidentale sono da recuperare nei giorni immediatamente successivi alla nomina di a Presidente del Brasile: migliaia di profili social degli oppositori sono stati bannati, giornalisti impegnati nello sporco lavoro di documentare possibili brogli hanno dovuto trasmettere le prove raccolte da canali argentini, le prime decisioni assunte dal Presidente sono state a favore delle multinazionali del farmaco, come ha riportato, unica voce fuori dal silenzio assordante, La Verità’ di Maurizio Belpietro e Francesco Borgonovo. Sulla stampa internazionale, qualche timido peana al riscatto umano del politico incarcerato e poi prosciolto (per vizio di forma) e ora tornato alla guida del Paese che porta impresso sulla bandiera il motto del positivismo progressista.
Che ruolo interpreterà da oggi il Brasile nel contesto internazionale più turbolento dal secondo dopoguerra? Si presterà al gioco delle società aperte a cui tanto paiono somigliare le prime decisioni oppure diverrà un campo d’azione della Cina nel “cortile di casa”
degli Stati Uniti? Il liberismo evangelico di Bolsonaro che tanto lo apparentava a Trump verrà rimpiazzato da un socialismo cattolico in ordine ai dettami della teoria della liberazione ai quali papa Bergoglio sembra talvolta strizzare l’occhio? La certezza, che appare da dietro le spesse cortine di una consultazione popolare che poco sa di democrazia, e’ che “Ordem e Progreso” sia sempre più una frase svuotata di significato, un’ennesima tradizione lasciata sbandierare non più per ispirazione ma per camuffare intenzioni alquanto diverse.

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3 Commenti

  1. Luca

    Molto interessante, mi aspetto ulteriori approfondimenti quando il nuovo presidente comincerà a governare

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  2. Anonimo

    Un paese complicatissimo con diseguaglianze economiche e sociali che non non possiamo neanche immaginare .

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  3. AG

    Molto interessante. Lula è il classico global progressista filo Usa, probabilmente porterà il Brasile fuori dai Briics visto che questi sono schierati contro con la Russia.

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